“Notizie oggi” – Canale Italia 83… si parla di editoria digitale

Piacevolissima diretta televisiva nella quale, fra le altre cose, si è discusso di editoria digitale e di Archivio d’Annunzio.

Immagini dalla diretta su Canale Italia 83 del giorno 3 marzo, a “Notizie oggi”, condotta da Massimo Martire.

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Critic@mente – Gli studenti di storia di Alan Bennett

È più forte di me… ad ogni uscita di un nuovo testo di Bennett non posso non leggerlo immediatamente…

Una commedia (con sprazzi divertentissimi!), non nuovissima, con una prefazione autoriale dai tratti interessanti che permette quasi una lettura a posteriori del testo stesso, una reinterpretazione.

Come dice la quarta di copertina 8 studenti 3 professori, 1 preside.. nelle mani di Bennett non possono che trasformarsi in una miscela esplosiva, in una serie di situazioni, sketch e battute che guardano a 360° temi complessi come l’istruzione, il valore e il significato della stessa, la storia, il revisionismo e la “necessità” di spettacolarizzare tutto… fin troppo presente ai giorni nostri.

L’esame di ammissione ad Oxford e Cambridge diviene così un pretesto per mettere in scena una critica sociale da un lato, ma anche dei personaggi nei quali il pubblico non può non identificarsi, almeno in parte, e che, al contempo, sembrano quasi frutto di una scomposizione autoriale, sospesi fra peculiarità di Bennett, fra idiosincrasie del drammaturgo, fra quel che lui era, che è e forse quel che avrebbe voluto essere.

Insomma anche in questo testo la vena autobiografica, sebbene più latente, sembra farla da padrone, fin dai ricordi iniziali del proprio test di ammissione, passando attraverso autori amati, citazioni più o meno scoperte, ammissioni dell’impossibilità di capire, e al contempo della volontà di “passare il testimone”, simbolo della continua ricerca.

Gli studenti di storia

Critic@mente – All art constantly aspires towards the condition of music

Dopo un “breve” silenzio rieccoci con Critic@mente… è un po’ che questo argomento mi ritorna in mente e una trasmissione televisiva di qualche giorno fa (non ricordo quale) mi ha spinto a scrivere su un un tema ultra dibattuto, ovvero musica e poesia: la musica è poesia? il testo di una canzone è musica?

Come spesso accade sarò ottocentesco ma il mio ragionamento non può che partire dalla celeberrima frase di Pater “All art constantly aspires towards the condition of music”… come non dargli ragione? Non dimentichiamo poi che i termini “Canzone” e “Ballata” sono utilizzati per definire tipologie di poesia… e allora perché ancor oggi svariati poeti, critici e pensatori si interrogano in merito? OK ci sono tante canzoni che non hanno nulla a che vedere ocn la Poesia (la maiuscola non è casuale), ma se è per quello anche tante “poesie” che non hanno nulla a che fare con la Poesia o con l’Arte in generale…

Facciamo un esempio Prendiamo Autumn Leaves dell’intramontabile Clapton… il testo è chiaramente quello di Prévert (sebbene tradotto in inglese), ma quell’assolo finale con il vibrato che in modo quasi onomatopeico replica il lento “ciondolare” delle foglie non è forse poetico? E allora la domanda forse è se la poesia necessita assolutamente di parole per esprimere… Ma anche in questo caso abbiamo numerosissimi casi di testi poetici che trovano la loro massima espressione nel “continuare” la natura anche dal punto di vista sonoro (e oltre al “mio” d’Annunzio se ne potrebbero citare tanti altri di autori).

In altri termini mi pare che spesso ci si soffermi su polemiche abbastanza sterili, nel cercare di etichettare qualcosa, a prescindere, perdendo di vista la globalità dell’operazione artistica.

Qualcuno potrebbe dire OK hai citato Prévert… un Poeta.. OK prendiamo qualche esempio di testi di musica contemporanea? Vediamo Yesterday, o Imagine, o alcune canzoni di Bob Dylan, o

Would you know my name
If I saw you in heaven?
Would you feel the same
If I saw you in heaven?
I must be strong and carry on
‘Cause I know I don’t belong here in heaven

Would you hold my hand
If I saw you in heaven?
Would you help me stand
If I saw you in heaven?
I’ll find my way through night and day
‘Cause I know I just can’t stay here in heaven

Time can bring you down, time can bend your knees
Time can break your heart, have you begging please, begging please

Beyond the door there’s peace I’m sure
And I know there’ll be no more tears in heaven

Would you know my name
If I saw you in heaven?
Would you feel the same
If I saw you in heaven?
I must be strong and carry on
Cause I know I don’t belong here in heaven

Non è forse poesia? Mettiamo ora anche la musica… Tears in Heaven… E la chitarra che accompagna non concorre a creare l’incanto poetico?

Critic@mente – Posso credere a tutto, purché sia sufficientemente incredibile

Rimaniamo in tema con l’ultimo post e continuiamo a parlare di genre… o meglio di “non genere” e di come vi sia ancora chi “cade” nel tranello del manoscritto ritrovato.

Pensate banalmente al polverone suscitato qualche anno fa dal Codice da Vinci, ai numerosi volumi, saggi, studi, articoli tesi tutti a dimostrare le incongruenze, gli errori e le omissioni di Dan Brown… ma la domanda cruciale è a DanBrown interessava la Verità? Sì quella con la maiuscola, o ha spmplicemente utilizzato uno stranoto stratagemma per dare un manto di credibilità alla sua operazione e suscitare quindi la curiosità dei lettori?

Per citare un caso noto a tutti Manzoni non aveva fatto la stessa cosa? Nievo nel suo Storia filosofica dei secoli futuri non aveva anche lui utilizzato un manoscritto “ritrovato”?

E allora la questione ritorna ad essere il genere, dove ormai le opere, in cui storia e invenzione vanno a braccetto, sono un numero sempre maggiore, pensate ad esempio al Libro segreto di Dante, di cui ho già parlato, e che sfruttano la credulità del lettore meno avvezzo per generare curiosità ed interesse.

Quel che stupisce è come al giorno d’oggi un romanzo sia ancora inteso come verità assoluta, storica, soprattutto nel momento in cui è lo stesso autore a far trapelare questa possibilità… Non lo faceva anche d’Annunzio con il suo Libro segreto? Quel che oggi fa la differenza è l’impatto mediatico di questa operazione (e il ritorno in termini di marketing), grazie al quale il “tranello” diviene più subdolo…

Anche questa volta insomma sembra che la lungimiranza di Wilde abbia colpito; anche nel 2012: “Posso credere a tutto, purché sia sufficientemente incredibile”

Manoscritto ritrovato

Critic@mente: 22/11/’63 – una questione di genere

Dopo le (mai abbastanza) lunghe vacanze natalizie, rieccomi con Critic@mente, questa volta voglio parlare di 22/11/’63 di Stephen King (Mondadori).

Premetto – e con questo mi inimicherò alcuni lettori – che non sono un amante di King, non ne discuto il valore, ma semplicemente è una questione di genre… di solito non mi si addice.

Son rimasto stupito quindi quando ho sentito che ques’ultimo rmanzo era un netto cambio rispetto al passato e mi sono avventurato nella lettura, che devo dire con un certo stupore, si è rivelata piacevolissima.

Quel che più mi ha però colpito è stata l’impressionante abilitò dimostrata da King nel gestire e fondere generi differenti. Capiamoci: se domandassi di “classificare” (odio le etichette ma mi arrendo all’idea della lloro utilità, se non altro commerciale) questo romanzo, cosa si potrebbe scrivere?

L’unica risposta plausibile è “non ne ho la più pallida idea”, forse bisognerebbe ricorrere ad un termine mutuato da altre arti, ovvero fusion, forse semplicemnete lo si potrebbe definire un romanzo contemporaneo, in cui le barriere di genere sono ormai inesistenti (almeno per i grandi che sono in grado di fonderle). In 22/11/’63, facendo una veloce lista, possiamo trovare il thriller, il noir, il poliziesco, lo storico, chiaramente, visto il plot, il fantascientifico, potremmo giungere a parlare di romanzo di formazione, per non soffermarsi sui richiami ad una sceneggiatura cinematografica (da qualche parte ho letto che a breve diverrà infatti un film… e consiglio Tom Hanks come protagonista!) … insomma un bel mix, che però King dimostra di saper manipolare a piacimento con una maestria riscontrabile in pochissimi altri casi.

Stephen King 22/11/'63

 

Critic@mente – Il porto dell’amore

Ecco un autore ancora troppo poco noto: Giovanni Comisso. Per anni tacciato (ingiustamente) di dannunzianesimo, finalmente sembra acquisire un suo spazio nella storia della letteratura italiana, anche grazie alle nuove ristampe delle sue opere a cura di Longanesi.

Il porto dell’amore (1924), poi ristampato come Al vento dell’Adriatico, sebbene opera prima, porta già tutti i tratti caratteristici dell’autore, soprattutto quella sensibilità e sensualità hic et nunc che risulterà una delle sue caratteristiche più amate e al contempo più odiate, e che trova immediato riscontro nel suo tratto distintivo: una sintassi particolarissima.

Uno scrivere che non rifugge possibili “sgrammaticature” o forzature quando queste siano connaturate con il respiro della prosa, e proprio in quest’ottica sembra quasi che il tessuto prosastico si adatti al naturale respiro del lettore. La stessa punteggiatura più che secondo schemi grammaticali sembra assecondare il respiro, dettarne i tempi; e proprio quando meno te lo aspetti Comisso nella sua scrittura quasi astorica ecco che se ne esce con preziosismi, termini aulici che sembrano quasi discordare con il resto del testo e che invece formano quell’unicum composito che è proprio del modus scribendi del trevigiano.

Da notare in tal senso i ricordi di Fiume, nei quali praticamente (se non in un caso) d’Annunzio non compare, ma dai quali traspare il clima, il ritmo, la vivacità di quei giorni, senza alcuna connotazione politica (verso la quale Comisso era “impermeabile”), ma con la semplicità dell’attimo vissuto e goduto profondamente.

Il porto dell'amore

Critic@mente – letteratura ipertestuale

Ecco un altro argomento sul quale tornerò a più riprese e che mi affascina non poco…

Letteratura ipertestuale, net litterature, hypertext literature, già il fatto che non ci sia ancora un “nome” preciso la dice lunga sullo stato di evoluzione di questi prodotti artistici; certo è che l’idea di produrre un’opera d’arte letteraria (e non solo) pensata e sviluppata unicamente per il Web, sfruttandone quindi le potenzialità è un’operazione che può risultare estremamente interessante.

Un primo esempio, seppur datato, è My Body di Shelly Jackson (tanto per capirci ha potuto studiare con Landow, uno dei massimi esponenti in merito alla teoria dell’ipertesto): un’opera pensata per la rete, un continuo riscrivere e reinterpretare in un’ottica ipertestuale, in cui lo stesso plot può assumere significati differenti e significanti eterogenei; in cui le singole parti non è detto che conducano ad un unico Uno…

È il lettore a “creare” il plot, o meglio il suo plot, dato che lo stesso può variare a seconda delle scelte compiute.

Peccato, ma come dicevo si tratta di un’opera ormai “vecchia” (siamo in rete quel che sto scrivendo è quasiinvecchiato!!!), manchi l’aspetto multi/iper-mediale, ma di questo parleremo più avanti.

Di sicuro affascinante l’idea che le singole parti del proprio corpo scrivano la propria autobiografia… senza però giungere a tracciarne una univoca, ma risultando in una serie di interpretazioni soggettive.

My body - Shelly Jackson

Critic@mente – poesia e prosa: Non tutti i bastardi sono di Vienna

Di questo romanzo (Non tutti i bastardi sono di Vienna, Sellerio) si è già parlato moltissimo; tanti, più o meno famosi, critici hanno già detto la loro, io ho preferito, per non risultare “partigiano” dato il rapporto di amicizia che mi lega con l’autore (mi pareva “brutto” litigare per scrivere una recensione!), non espormi… almeno fino ad ora.

Non intendo comunque scrivere una recensione del fortunato romanzo di Molesini, ma preferisco porre l’accento su un particolare forse troppo spesso lasciato fra le righe, ovvero la poesia.

Che il titolo sia un endecasillabo è già stato sottolineato da Molesini stesso, ricordando così come questo verso risulti facile a noi italiani da memorizzare, suonandoci quasi “familiare”, quel che invece non è stato enfatizzato è come l’epserienza e l’indole da poeta dell’autore abbia contribuito a rendere godibile il tessuto prosastico.

In particolare nelle scene nella foresta, dove suoni, odori, immagini tendono a mescolarsi e a offrire un godimento multisensoriale, in quegli spazi risulta evidente l’orecchio del poeta, la naturale propensione di Molesini al canto, che sebbene tradotta in prosa mantiene una sonorità, un incedere, e una cadenza che ricordano molto da vicino i suoi versi più riusciti.

Lo stesso gusto per l’aforisma del nonno, personaggio incredibilmente carismatico, suona a volte come combinazioni di settenari ed endecasillabi… a voi scoprire dove…

Non tutti i bastardi sono di Vienna

Critic@mente – Due storie sporche

Parliamo oggi di uno dei miei autori preferiti, uno sul quale sicuramente tornerò a più riprese: Alan Bennett.

È da poco uscito Due storie sporche (Adelphi), un’opera che sembra ricondurci, se non altro per il tipo di approccio sarcastico, ai tempi di lavori quali l’insuperabile Nudi e crudi, in cui la satira del genio britannico, come una sorta di lente di ingrandimento o di specchio ustore, pone in risalto e in scacco vizi, abitudini, preconcetti, piccole manie… nella quali spesso riscontriamo anche le nostre…

A prima vista può sembrare un passo indietro rispetto agli ultimi lavori, in particolare all’introspettivo e a tratti malinconico Una vita come le altre, in cui la vena autobiografica aveva ammantato di un nuovo fascino la penna di Bennett, ma anche in quest’ultimo lavoro, si coglie che quella fiamma non si è spenta del tutto, anzi forse tende a cercare nuovi modi per affrancarsi.

Questa volta a farla da padrone è il sesso, elemento mai del tutto assente in Bennett, che ora però diviene trainante, che viene posto sotto la lente di ingrandimento dell’autore, per smascherarne anche in questo caso vizi e taboo, repressioni e desideri… insomma la nota “formula” Bennett di derisione ed autoderisione dell’ipocrisia.

Particolarmente interessante l’accostamento delle due storie, che sebbene ruotino attorno ad uno stesso tema, presentano approcci diametralmente opposti, quasi speculari, sia come tecnica narrativa, contrapponendo il singolo punto di vista (della prima storia) alla continua riscrittura della realtà a seconda del personaggio (della seconda), sia come protagonisti una donna ed un uomo, sia come presenza/assenza del sesso… insomma sembra quasi di vedere la “classica” doppia faccia della stessa medaglia.

Due storie sporche

Te’ con Gabriele d’Annunzio: appuntamento con la cultura alla Feltrinelli di Mestre

5 dicembre 2011 ore 17:00 Feltrinelli di Mestre incontriamo Filippo Caburlotto, ideatore del Progetto Archivio d’Annunzio e autore di numerosi volumi dedicati al Vate per scoprire Gabriele d’Annunzio

30/11/2011 – Gabriele d’Annunzio, poeta, romanziere, esteta, grande appassionato di arte e incontri letterari. Grande amatore, ma soprattutto grande amante di Venezia. Ed è attraverso le parole di Filippo Caburlotto e letture dalle opere del Vate che, sorseggiando Te’ certificato Fairtrade insieme agli ospiti conosceremo e scopriremo questo autore.

Tra annotazioni dai Taccuini, letture di passaggi delle opere, e “racconti di itinerari in una Venezia Imaginifica”, incontreremo personaggi cari al Vate, seduti nei Caffé; Muse e amanti sorprese in Palazzi veneziani e una stroardinaria panoramica sulle opere più famose del Vate come il romanzo veneziano “Il fuoco”.

Filippo Caburlotto, studioso dannunziano, autore di volumi come “D’Annunzio e lo specchio del romanzo: sdoppiamenti, rifrazioni, giochi d’immagini”, “Venezia Imaginifica. Sui passi di d’Annunzio girovagando tra sogno e realtà”, “Gabriele d’Annunzio inediti. 1922-1936. Carteggio con Maria LOmbardi e altri scritti” e curatore di volumi come “Il Fuoco”, è inoltre ideatore del progetto internazionale Archivio d’Annunzio dedicato alla valorizzazione dell’opera letteraria di Gabriele d’Annunzio che coinvolge Università nazionali ed internazionali.

Un te’ delle cinque dai toni artistici, dalle passeggiate immaginarie in una Venezia viva, culla dell’arte. Da letture suggestive, da incontri ai caffé e da piccole incursioni biografiche.

RSVP

Si consiglia la prenotazione scrivendo a eventi.mestre@lafeltrinelli.it

oppure telefonando allo 041 2381371 libreria Feltrinelli e chiedere di Gloria Favaro.